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COP22: piccoli e grandi segnali di una transizione inevitabile da rendere giusta

WWF Stop Carbone 

Sentirete spesso parlare di transizione, e di transizione giusta. Transizione vuol dire passaggio, in questo caso dalla economia basata sui combustibili fossili a quella basata sull’uso efficiente delle risorse e sull’energia rinnovabile. La transizione giusta è quella in cui si tiene conto che nel passaggio ci saranno persone che perderanno lavoro e mezzi di sostentamento e si procede quindi al varo di un set di misure sia per attenuare l’impatto (per esempio gli ammortizzatori sociali) sia per favorire la formazione e la riconversione diretta verso le nuove opportunità della green economy.

A parlare di Transizione Giusta non sono solo i sindacati, che si sono espressi per l’accelerazione della transizione con lo slogan “Non esistono posti di lavoro su un pianeta morto”, ma anche molte associazioni ambientaliste e non, tra cui il WWF e la FOCSIV (vedi il materiale su www.wwf.it/). Non c’è da stupirsi, l’esperienza sul campo di decenni ha insegnato che affrontare i problemi ambientali senza tener conto di quelli sociali non serve a risolvere né gli uni né gli altri. Nella fattispecie, da sempre chi lavora in produzioni e fabbriche inquinanti viene “usato” come ostaggio, attraverso il ricatto occupazionale, per poter continuare a inquinare, mentre chi dovrebbe istituzionalmente occuparsi di transizione giusta, vale a dire Governi nazionali e locali, viene così ricattato. L’incapacità di dare risposte da parte di chi dovrebbe, attraverso strategie e percorsi, attenuare l’impatto sociale della transizione, favorisce non il mantenimento del posto di lavoro, che comunque inevitabilmente si perde quando l’azienda non riesce più a resistere al cambiamento e mette in sicurezza i propri interessi, ma il deterioramento delle condizioni ambientali e di vita delle comunità, insieme a quelle climatiche.

Analogamente, come ha detto oggi uno degli intervenuti alla conferenza stampa degli investitori qui a Marrakech , è ben chiaro che i grandi investitori istituzionali vedono che il riscaldamento globale mette a rischio qualunque investimento e che l’economia del futuro è quella verde, e continueranno quindi a spostare i propri investimenti dai combustibili fossili alle tecnologie pulite: il fatto che Governi possano non accompagnare o ostacolare il passaggio -è chiaro qui il riferimento ai timori sulle future politiche del presidente eletto USA, Donald Trump- renderà solo la transizione più lunga, rude e dolorosa.

Oggi chi resiste al cambiamento non solo danneggia la nostra casa comune, la Terra, ma anche sé stesso. Perché la rivoluzione energetica è ormai in corso e inevitabile, alcune economie emergenti e Paesi vulnerabili stanno imperniando il proprio sviluppo economico e industriale sulle tecnologie low carbon, così come gli investitori: chi si ferma, rimarrà indietro e diventerà irrilevante. Minando anche il futuro dei propri figli.

E a proposito di figli, qui è arrivata una notizia straordinaria: la giudice della Corte Distrettuale dell’Oregon, Ann Aiken, ha respinto tutte le pregiudiziali nel caso di 21 ragazzi dai 9 ai 20 anni contro le industrie fossili e il Governo: i ragazzi chiedono di costringere ad azioni più radicali per la riduzione delle emissioni di CO2 e gas serra (vedi https://static1.squarespace.com/static/).

Nella sua motivazione, la giudice dice anche che “Nell’esercizio del il mio ’giudizio motivato,’ non ho alcun dubbio sul fatto che il diritto ad un sistema climatico in grado di sostenere la vita umana è fondamentale per una società libera e ordinata”. Un altro tassello per accelerare la transizione, giusta per le future generazioni perché una transizione in ritardo minerebbe il loro diritto al futuro.

Per seguire gli aggiornamenti dalla Conferenza UNFCCC sul clima di Marrakech segui il diario curato da Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF, su “La Stampa – Tuttogreen”. 

 

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